L’Isola dell’Asinara per tantissimi anni ha rappresentato un luogo di sofferenza per l’essere umano che per diversi motivi erano costretti a sostare nell’Isola. Visitando le Carceri sparse su tutto il territorio dell’Isola dell’Asinara è possibile ripercorrere attimi di quella sofferenza.
Quanti sono i carceri dell’Asinara
Il carcere dell’Asinara era composto da dieci diramazioni che ricoprivano tutto il territorio dell’Isola. A seconda della gravità dei reati commessi i detenuti venivano destinati alla diramazione idonea. Le diramazioni di fatto non erano tutte uguali dal punto di vista della sicurezza, infatti alcuni detenuti erano destinati a un regime di controllo molto blando. Erano “liberi” di poter lavorare e girare sull’isola.
Le diramazioni:
- Fornelli
- Santa Maria
- Tumbarino
- Stretti
- Campu Perdu
- Campo Faro
- Trabuccato
- Cala d’Oliva
- Diramazione Centrale
- Bunker
- Nuova Sezione
- Elighe Mannu, Case Bianche
Carcere dell’Asinara: La nascita della Colonia Penale
La Colonia agricola penale dell’Asinara nasce nel lontano 1885, con l’entrata in vigore della legge 3183 del 28 giugno. A seguito di questo atto legislativo vennero espropriati i terreni ai 500 abitanti dell’Isola dell’Asinara, che dovettero trasferisti.
Dopo vari tentativi scelsero il borgo di Stintino come luogo su cui ricostruire le proprie vite attraverso l’attività di pesca, l’agricoltura e la pastorizia, attività che già svolgevano sull’Isola dell’Asinara.
Mentre sull’Isola iniziarono a nascere le prime celle di detenzione, venne istituito il Lazzaretto, quest’ultimo posto alle dipendenze del Ministero della Marina.
La costruzione di tutte le infrastrutture necessarie alla colonia e il successivo scoppio della grande guerra caratterizzò i primi cinquant’anni della nuova colonia penale.
Negli anni l’istituto della pena cambiò radicalmente. Il detenuto che prima veniva considerato come soggetto da reprimere, nel 1922, a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento carcerario votato con Regio Decreto 393, sarà retribuito e iniziò ad essere considerato come soggetto da rieducare.
Il lavoro svolto dai detenuti finalmente venne considerato come elemento del trattamento detentivo di rieducazione e finalmente retribuito a seconda della quantità e della qualità.
Gli anni di piombo: l’Asinara diventa carcere di massima sicurezza
E’ degli anni ’60 la costruzione di importanti opere e infrastrutture, quali bacini artificiali e interventi portuali. Si arriva così alla metà degli anni settanta, quando una diramazione del carcere fu destinata a detenuti di particolare pericolosità. Erano questi gli “anni di piombo”, quelli in cui il fenomeno del terrorismo rappresentava un pericolo per lo Stato. In particolare l’art.90 del Nuovo Ordinamento carcerario del 1975 destinava un particolare trattamento ai terroristi reclusi, che durò sino alla sua revoca nel 1984.
Carcere dell’Asinara: luogo di detenzione per mafiosi e brigatisti
Soggiornarono allora nel supercarcere di Fornelli i maggiori esponenti del gruppo terroristico delle Brigate Rosse, quali Renato Curcio e Alberto Franceschini, oltre a una nutrita rappresentanza di detenuti appartenenti all’Anonima Sarda. Durante la fase di transizione legislativa, nella quale si passa dai codici degli Stati preunitari alla promulgazione del codice Zanardelli, in Italia viene proposta l’istituzione delle Colonie Agricole, prendendo in considerazione il modello dell’isola di Pianosa (istituita nel 1858) e tra le diverse aree viene scelta in modo quasi incidentale l’isola dell’Asinara, è il 16 giugno 1885. Il regolamento delle Colonie Penali Agricole entra in vigore il 1 marzo 1887 e prevedeva la suddivisione in due categorie, quelle destinate ai condannati ai lavori forzati e quelle per i condannati a tutte le altre pene.
La vita nel carcere dell’Asinara
La permanenza dei detenuti nella colonia era legata principalmente alla buona condotta e alle capacità nei lavori di coltivazione, dissodamento e bonifica dei terreni, nonché nella costruzione di strade e fabbricati. Nel caso specifico dell’Asinara, i detenuti venivano trasportati con delle spedizioni effettuate dalle forze dell’ordine, denominate in gergo militare “traduzioni”; ogni traduzione accompagnava un numero di detenuti che variava dalle 10 alle 40 persone.
Una volta arrivati sull’isola, i detenuti affrontavano un colloquio con il comandante militare e dopo una prima valutazione, in base alla condanna riportata ed al tipo di reato, venivano ripartiti nelle varie diramazioni.
All’ingresso del carcere nel quale erano stati destinati, venivano sottoposti ad una visita sanitaria; solo il medico poteva disporre l’isolamento dell’individuo, così come poteva stabilire di metterlo nel letto di “contenzione”, nel quale doveva rimanere supino e dove gli venivano bloccati gli arti con appositi anelli, regolabili in base alla circonferenza di polsi e caviglie, per consentire un accurato controllo; il medico aveva inoltre il compito di redigere il diario clinico, una sorta di registro nel quale annotava le eventuali malattie e cure alle quali il soggetto veniva sottoposto.
Successivamente affrontavano il colloquio con lo psicologo e l’assistente sociale; anch’essi valutavano l’individuo e poi riportavano il loro giudizio in apposite cartelle. Tutti i detenuti che soggiornavano all’Asinara venivano trattati allo stesso modo, senza preferenze e quelli considerati “buoni” avevano la possibilità di lavorare all’interno del carcere, come ad esempio nelle cucine o nelle foresterie.
Ognuno poteva usufruire del “sopra-vitto”, ovvero una quota da poter spendere all’interno dell’isola per acquistare libri e qualsiasi oggetto che avesse uno scopo culturale. Tale quota veniva stabilita dal Ministero di Grazia e Giustizia e ad esempio, nel 1985, non poteva superare le 350.000 lire mensili. I familiari potevano andare a trovare i loro parenti periodicamente; per i detenuti del 41 bis, cioè tutti i mafiosi e i brigatisti, le visite erano concesse una volta al mese ed il colloquio avveniva tramite citofono separati da un vetro antiproiettile.
Per tutti gli altri il colloquio era settimanale e senza nessun vetro.
Da colonia penale a Casa di Reclusione
La Colonia Penale Agricola, che divenne successivamente Casa di Reclusione, ossia luogo di soggiorno per i detenuti con condanna definitiva, era organizzata in diversi insediamenti residenziali, denominati “diramazioni” o “distaccamenti”. Ogni diramazione era una sorta di piccolo carcere, costituito dai dormitoi per i detenuti, dalla caserma e alloggi per le guardie e dalle stalle per il ricovero degli animali. Per quanto riguarda l’amministrazione carceraria, ogni distaccamento era composto da un direttore amministrativo, un capo diramazione, un comandante militare, educatori ed educatrici (in tutto sei), un assistente sociale, un psicologo, un psichiatra e diversi militari. Le varie diramazioni erano dislocate in tutto il territorio dell’isola. A Fornelli era ubicato il carcere di massima sicurezza, ampliato alla fine dell’ottocento e utilizzato come tubercolario durante la seconda guerra mondiale. Gli anni del carcere di massima sicurezza iniziarono il 25 giugno 1971 con l’arrivo di 15 presunti mafiosi, ai quali, nel mese di settembre, se ne aggiunsero altri 18.
Con il passare degli anni il numero dei criminali aumentava sempre più e così i reclusi iniziarono ad essere destinati ad altre diramazioni e solo quelli più pericolosi restavano a Fornelli. La sera del 2 ottobre del 1977 vi fu una ribellione molto violenta che venne sedata solo il giorno successivo. La struttura venne così rinforzata con nuove sbarre alle finestre ed alle porte, molto più robuste e sicure rispetto alle precedenti; venne ricostruita la volta ed anche il pavimento. Venne posta un’asta per bloccare la porta che dava l’accesso al cortile per “l’ora d’aria” e che consentiva l’ingresso dei detenuti solo uno alla volta ed inoltre, onde evitare contatti tra le stesse persone, di volta in volta veniva cambiata la provenienza di cella, ciascuna delle quali ospitava al massimo due individui. Gli armadietti in legno vennero sostituiti con degli armadietti in metallo fissati al muro, così come le scrivanie ed i letti. Nei corridoi vennero messi dei cancelli che separavano nel braccio un numero minimo di celle e, per ogni cancello, rimaneva una sentinella a fare il suo turno. I corridoi, i cortili, nonché i punti più nevralgici delle aree più frequentate, venivano sorvegliati con dei sistemi di telecamere; vi era anche un circuito elettronico esterno, costruito su una recinzione molto vasta ma poi, a causa delle frequenti intrusioni da parte di animali selvatici, venne disabilitato.
Gli ospiti del carcere dell’Asinara
Nel 1983 soggiornò nell’isola anche Raffaele Cutolo, appartenente alla Nuova Camorra Organizzata. In quel periodo i detenuti venivano suddivisi nelle carceri anche a seconda della “famiglia” di appartenenza: quelli che stavano dalla sua parte e quelli contro, questi ultimi appartenevano alla così detta “Nuova Famiglia”. Santa Maria è stata una delle diramazioni più recenti e moderne; qui veniva praticata l’agricoltura utilizzando gli aratri a trazione animale; venivano allevati cavalli, maiali, capre e vitelli. Questa diramazione veniva anche denominata “legione straniera” perché il 95% dei detenuti erano stranieri, provenienti da tutto il mondo, algerini, peruviani, portoricani, egiziani, iracheni, tutti incriminati per spaccio di sostanze stupefacenti. A Tumbarino, in un’area priva di terreni coltivabili, si ospitavano 10-15 detenuti che avevano il compito di fare provviste di legna e carbone. Qui soggiornavano detenuti con pene molto elevate, persone condannate soprattutto per violenza carnale, i così detti “mangiabambini”, cioè i condannati per pedofilia ed altri crimini a sfondo sessuale. La diramazione di Stretti nacque intorno agli anni ’20; aveva vocazione agricola e vennero utilizzate le strutture realizzate dall’Amministrazione Militare. Ebbe vita fino agli anni ’60, fu poi abbandonata a causa delle avversità meteorologiche e dei forti venti che colpiscono questa parte dell’isola. Campu Perdu fu istituito dopo il primo conflitto mondiale, riutilizzando le strutture già esistenti e di appartenenza dell’Amministrazione Militare, furono allestite delle stalle molto moderne con lo scopo di sfruttare i terreni limitrofi molto fertili. Campo Faro venne realizzata nei primi anni del novecento, accanto al cimitero italiano. Il distaccamento di Trabuccato fu istituito dopo la prima guerra mondiale e qui venivano mandati i detenuti pericolosi, ma non come quelli che soggiornavano a Fornelli, vi erano inoltre detenuti con pene meno gravi e sconsegnati, che coltivavano una vigna di circa 5 ha; qui le celle, come anche a Campu Perdu, potevano ospitare 10-15 persone ma nei periodi di massima affluenza, con l’utilizzo di letti a castello, vi potevano soggiornare anche 30 detenuti.
Nel villaggio di Cala d’Oliva si trovavano la direzione del carcere, gli alloggi degli impiegati, la chiesa, la scuola e la diramazione denominata centrale. Quest’ultima è stata realizzata nei primi anni del secolo scorso come struttura di alloggio per i carcerati della colonia penale. Nel corso degli anni sono stati effettuati numerosi interventi di ampliamento e ristrutturazione, in relazione all’utilizzo del carcere. Inoltre vanno ricordate le piccole diramazioni di Case Bianche ed Elighe Mannu che permisero di avviare l’attività della Casa di Lavoro, con cui poté iniziare l’opera di consolidamento post-bellica. A Case Bianche i detenuti erano prevalentemente pastori e venivano denominati “sconsegnati” in quanto non erano sottoposti ad una vigilanza continua. A questi, veniva dato il “vitto in natura”, ossia delle provviste settimanali, poiché dovendo controllare il bestiame non potevano rispettare gli orari della mensa e a volte rimanevano a dormire in apposite strutture situate in prossimità del luogo di lavoro. Successivamente, venne utilizzato anche il “bunker” di Cala D’Oliva, un ulteriore distaccamento creato agli inizi degli anni ’80. Era composto da poche celle di sicurezza, una delle quali ospitò Totò Riina.